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Quanto detto richiama il giudizio della Corte Costituzionale n. 5/2000 la quale detta i livelli di concentrazione massima di cui al d.lgs. n. 277/91, ma ammettendo anche che siffatti parametri sono stati stabiliti dalla legge per scopi preventivi; al di sotto di siffatte limitazioni, per cui, non si può escludere la natura dannosa dell’amianto.
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Siffatti parametri non devono essere considerati come dei vincoli per l’identificazione del rischio patologico derivato dalla sussistenza dell’amianto, così come non può considerarsi necessaria qualsiasi sussistenza di amianto nel luogo di lavoro:
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certamente il limite del livello massimo stabilito dalla legge suddetta può assumere il valore di previsione assoluta di esposizione al pericolo.
Nella situazione in esame sembra effettiva sia la durata ultradecennale dell’esposizione sia la presenza di un’esposizione tale da cagionare un pericolo patologico di elevato rilievo: i ricorrenti hanno dunque adempiuto all’obbligo probatorio che ricadeva su loro.”/2)
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L’Inps viene condannata . 4. La Cassazione contro tutti. Il ritorno della ‘grinta dura’.
La Cassazione, attenendosi al giudizio n. 5/2000 della Corte costituzionale, che si riferisce ai valori di cui al d. lgs. 277/91 , anche nel 2001, prevedeva che la Consulta, dichiarasse con questo:
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“il concreto rifiuto di qualsiasi interpretazione dell’ art. 13, comma 8, l. n. 257/92 tesa ad ampliare il beneficio a tutti i dipendenti concentrati per più di dieci anni in operazione che li abbiano esposti all’amianto (…) avrebbe connesso più volete la suddetta esposizione a degli evidenti parametri di esposizione che circoscrivono la sfera dei beneficiari e hanno validità per basare la prescrizione in questione su motivi di logicità giuridica in grado di sottrarla a qualsiasi attuazione tesa a trasgredire il generale principio di cui all’art. 3 Cost.”
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Il che, per Riverso, stravolge “il significato del giudizio della Corte Cost. (né più né meno, come per tanto tempo sono state stravolte le reali volontà della legge, allorché mediante una travisata analisi dei lavori parlamentari che sono giunti a formulare la medesima normativa, la Cassazione ha per molto tempo affermato che il beneficio ottenesse delle limitazioni dal punto di vista soggettivo per i dipendenti del cd. settore amianto). (…) se fosse stata intenzione della Corte Costituzionale dire quello che dichiara – senza nessuna incertezza – la Cassazione, la medesima Corte Cost. avrebbe dovuto sostenere effettivamente che l’assenza di parametri avrebbe reso in realtà anticostituzionale la normativa, in quanto presentava un trattamento differenziato; ma che comunque la medesima normativa non poteva essere ritenuta illegittima perché il beneficio si basava su precisi parametri di esposizione. (…)
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Adesso, nel giudizio della Corte non vi è alcun accenno all’art. 24 . D. Lgs. n. 277/91; vi è soltanto quell’obiter dictum, quell’accenno incidentale alla “soglia limite”; disposto dopo che la Corte aveva già precisato come essa analizza la normativa mediante la connessione al pericolo professionale ed al sistema di assicurazione delle patologie, e quindi all’interno di una motivazione senza alcuna influenza.”
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Parere, quello della Cassazione, riproposto nel 2004. Dichiara la Cassazione: “E’ la medesima l. 257/92 a dare valore di norma alla necessità di una esposizione superiore ad un certo “limite” fissando con precisa prescrizione (…) la soglia limite di concentrazione al di sotto della quale le fibre di amianto devono ritenersi “respirabili” nel luogo di lavoro (tanto da non dover essere obbligati ad adottare particolari protezioni) ed evidenziando in tal modo di poco valore, per le conseguenze del beneficio da assegnare ai dipendenti “esposti all’amianto” (che non abbiano avuto patologia professionale), la sussistenza della sostanza in quantità tale da non superare la suddetta soglia e da non costituire per questo motivo un reale rischio per la salute."
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Comunque, come evidenzia MM: “va pure detto che, dopo tempi di elevata e immotivata rigidità, la Cassazione ha dichiarato che, per poter riconoscere il beneficio di previdenza, l’accertamento non deve per forza essere esatto, ma è opportuno, tenuto presente il periodo trascorso e la modifica delle circostanze di fatto, che si provi, pure tramite assistenza tecnica, la “rilevante eventualità” di esposizione mediante un giudizio di rischio all’interno del luogo di lavoro, con un limite di ampiezza tale da evidenziare la sussistenza di un “elevato livello di eventualità” di superamento del “limite” massimo (Cass. 1° Agosto 2005, n. 16119, in Mass. Giur. It., 2005).”
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Ciò nonostante, dichiara ancora MM: “si pensa che la questione della responsabilità civile per l’amianto non abbia avuto risoluzione, e anzi, abbia avuto un peggioramento […] e che pure la responsabilità penale sia molto problematica” La Cassazione, va sottolineato, non ha tuttavia per nulla patito di solitudine.
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Come pensa Napolitano: “in tale ambito si è dovuti sottostare ad una eccessiva levata di scudi da parte di certa disciplina, assieme ai maggiori orientamenti giurisprudenziale, soprattutto di legittimazione, nei riguardi di una formula legale soggetta ad accusa (per lo meno) di equivocità nel suo senso letterale e tuttavia tale, per la sua incertezza, da comportare un notevole aumento della spesa pubblica.
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