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La ritorsione, in genere, non é altro che una manifestazione (colposa), rabbiosa e esuberante, dai toni di norma esagerati, che il “ricattatore” rivolge a chi ha avuto “sopraffazione”, non obbligatoriamente contestualmente alla stessa, con la quale notifica al soggetto interessato quali da parte sua saranno le rappresaglie che attiverà (magari soltanto inconsciamente o nell’immaginazione del momento) rispetto a lui, avendo la sua azione prodotto la voglia di una, secondo lui, “equa” rappresaglia.

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La ritorsione, in poche parole non é tesa a ledere intenzionalmente o coscientemente nessuna libertà:

é una informazione all’interessato su quali repliche seguiranno alla sua azione “illecita”, o per essere chiari, potremo affermare che é l’informazione delle possibili rappresaglie, così come create dal subconscio dell’emettente scosso dallo stato di inquietudine.

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Come é evidente, in questo caso, non soltanto nell’accusato non sussistono né l’intenzione nè la coscienza di ridurre la libertà etica altrui, ma nemmeno la coscienza della non giuridicità dell’azione perché, razionalmente, il ricattatore crede che l’infrazione in suo danneggiamento di leggi sociali e di buon costume sia “antigiuridico” e la sua “intimidazione”, quindi, non di lesione illegittima.

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E’ chiaro, ma é sempre meglio spiegarlo, che con le mie affermazioni non sto tentando di giustificare la rivalsa, infatti mi riferisco al ricatto di ritorsione al fatto illecito altrui, ma voglio sottolineare profili poco ispezionati della questione “minaccia”.

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Punto fisso minimo, se non si credono dotte le mie conclusioni, é che in ipotesi di ritorsione a evento illecito (in senso pro reo), debba essere in ogni caso ammessa l’attenuante di cui all’articolo 62, comma 2, c.p., episodio che nella mia carriera non é accaduto spesso, ma é chiaro, perdonatemi se persevero, che sia il fattore personale colpa ad essere subordinato al comportamento, perché il ricattatore non sa bloccare il proprio odio in quanto soggetto comune non molto esperto a bloccare i propri movimenti dell’animo, per cui non essendo tale reato sanzionato in quanto colposo, il proferente dovrà essere liberato perché l’azione non rappresenta delitto.

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E ora andiamo oltre, in una riflessione un pò ardua sulla cui stabilità logica sarete voi a decidere:

in base alla giurisprudenza e la teoria prevalenti, se l’intimidazione consta nel prevedere per il ricattato una prossima azione criminosa a suo svantaggio (colpi, lesioni, danni, oltraggi, ecc.), in pratica sempre (eccetto il solo ricatto di agire per via legale a scopi di giustizia), tale danneggiamento é da considerarsi illecito; l’illegalità del danneggiamento consta nell’indole contra jus del medesimo, é questa antigiuridicità viene spiegata nella sua massima espansione, dunque nel suo significato peggiore rispetto all’accusato.

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Dopo aver pensato a lungo su tale punto, sono arrivato a questi risultati:

1)se in tema di attenuante ex art. 62, comma 2, c.p. (l’aver replicato in stato di rabbia, provocato da una condotta illecita altrui), l’illegalità del fatto, per giurisprudenza confermata, è, tramite un’interpretazione di estensione pro reo, a concernere anche le azioni in infrazione di regole sociali e di buon costume (si veda, ad esempio, il verdetto della Cassazione Penale, sez. I, 94/200136, nonché 39236/2008) e se 2) in tema di discriminante ex art. 599, comma secondo

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(Non é perseguibile chi ha compiuto alcuna delle azioni ...nello stato di rabbia prodotto da un evento illecito altrui...), per evento illecito altrui si considera: “...per caratteristica illiceità o avversità alle regole della vita civile...” (Cassazione penale, sez. V, 86/174568), in evidente visione pro reo, mi spingo a considerare che non vi sia nessun impedimento giuridico che ostacoli l’adozione del medesimo procedimento logico, anche in merito al danneggiamento illecito ex articolo 612, c.p..

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Bisogna adesso capire cosa vuol dire ingiusto danno, soprattutto per corrispondenza in bonam partem, che sia di maggior vantaggio e questo, penso si possa mettere in atto, soltanto staccandosi dall’incostituzionalità del danno, la violazione di regole sociali o di costume, del buon vivere civile, per cui non considero illegittimo sostenere che la ritorsione ad un evento ingiusto altrui, non abbia il presupposto per essere considerata contro legge, difatti l’unico intervento legittimo in grado di fare affinché una minaccia, che é fattualmente sempre ingiusta “per natura”, possa correlarsi a normative sociali e di costume, del vivere civile, é che questa risponda alla antecedente trasgressione delle normative sopra descritte a discapito del soggetto che agisce con minacce.

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Pure per siffatta ragione non basta un articolo 599, comma secondo, c.p., che discrimini il comportamento minaccioso in questione.

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Allineandosi a questa considerazione, si determinerà soprattutto come conseguenza positiva la fondamentale riduzione della mole di lavoro dei Giudici di Pace i quali, altresì, non dovranno più sottoporre a condanne imputati che non sono riusciti a tenere a posto la lingua, per comportamenti non socialmente confermati, ma considerati logici, se non naturali o certi:

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l’uomo medio, non é una persona laureata, e ha meno inibizioni dell’uomo di strada, di chi dimora in un condominio di edilizia pubblica e non esce con persone di una certa cultura.

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Adesso proponiamo un esempio per poter confermare quanto detto finora:

la minaccia del padre nei riguardi di amicizie poco chiare frequentate dalla figlia ha disvalore penale?

I soggetti privati che minacciano una prostituta che, controllata più volte dagli agenti di polizia e sottoposta a numerosi fogli di via, torna al lavoro e, con ostinazione, continua ad adescare clienti, in un posto frequentato da bambini, compiono reato?

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Siete certi che sia stato compiuto un danno ingiusto che lede la libertà psichica e morale di parte civile? Se foste voi a dover decidere all’interno di un processo, sottoponendoli a condanna, vi sentireste di aver fatto la cosa giusta?

Ritenete che innanzi a situazioni analoghe, un modello civile ed evoluto come il nostro, possa essere stato disposto per prevedere che vengano attuate ingiustizie?

Se si pensa che sussiste un danno non ingiusto, oltre la minaccia di procedere per le vie legali, come si può non identificarlo nelle circostanza delineate?

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I due esempi adesso evidenziati, hanno lo scopo di garantire un’altra forma di difesa: sono comportamenti rivolti ad ostacolare la realizzazione di reati come la sottrazione consensuale di minori ( 573, c.p.) e le oscenità a livello pubblico (art. 527 e 529, primo comma, c.p.), per cui sono comportamenti da considerare, tuttavia, non perseguibili, in quanto scriminate ex articolo 52 c.p., pure nella combinata disposizione con l’art. 59, comma tre, c.p..

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