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Lo stato di tossicodipendenza e il correlativo bisogno di procurarsi la droga violando la legge penale (nella specie, attraverso la commissione di più reati di evasione per allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari) non legittimano la presunzione di unicità del disegno criminoso, perché tali elementi sono indicativi del solo movente dei delitti commessi, ma non costituiscono prova dell'originaria ideazione e della successiva permanenza del progetto criminoso che caratterizzano l'istituto della continuazione”.
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Tale sentenza, infatti, si rifaceva espressamente ad una pronuncia della Sez. I, n. 1119 del 19 Marzo 1996, Salamone (rv 203981), la quale sosteneva che “ Presupposto normativo per l'applicazione, anche in "executivis", della disciplina del reato continuato a plurime sentenze di condanna, è la preesistenza di un programma delinquenziale, ancorché genericamente ideato, del quale le varie violazioni di legge siano momenti volitivi che ne costituiscono esecuzione, concetto nel quale s'illustra quella unicità del disegno criminoso cui fa riferimento l'art. 81 cod. pen. , capoverso.
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In tal senso, non legittimano la presunzione di unicità del disegno criminoso né l'omogeneità delle varie violazioni (es.: furti aggravati, tentati o consumati) della legge penale, né la permanenza di un proposito criminoso riconducibile allo stato di tossicodipendenza ed al correlativo bisogno di procurarsi, con proventi illeciti, i mezzi economici necessari all'acquisto della droga, in quanto tali elementi, di per sé, sono indicativi del solo movente dei delitti commessi, ma non costituiscono prova dell'originaria ideazione e deliberazione di tutte le violazioni nei loro caratteri essenziali, sintomatiche dell'istituto della continuazione”
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Si trattava di una pronuncia che non poteva andare esente da critiche, in quanto presentava contraddizioni facilmente evidenziabili.
Da un lato, infatti, si ammetteva la possibilità che presupposto dell'applicabilità dell'istituto della continuazione, anche in sede esecutiva, potesse essere una generica ideazione di un programma criminale che preesistesse, ovviamente, alla commissione dei singoli fatti illeciti, i quali, quindi, ne divenivano – così – concreta espressione.
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Dall'altro, però, la condizione generale di tossicodipendenza del soggetto non poteva assurgere a dignità di elemento probante, in quanto considerato solo mero movente, cioè ragione della spinta criminosa, ma, in quanto tale, inidonea a dimostrare la predeterminazione di un contesto di illiceità destinato a durare nel tempo.
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E' del tutto evidente che esista una differenza sia giuridica, che naturalistica fra movente ed identità di disegno criminoso, ma, nel momento in cui si utilizza il movente quale massimo comune denominatore di una serie di condotte criminose, che presentino tutte il carattere dell'omogeneità, pare di poter affermare che i contorni dei due istituti perdano quel carattere di assoluta autonomia che in radice li caratterizza.
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Vale a dire che, se in una specifica fattispecie, si rinviene la prova di una spinta individuale (movente) propria del singolo alla commissione di più condotte delinquenziali, ove esse si ponga in diretta dipendenza rispetto ad una situazione di alterazione fisica o psichica del soggetto, sarà ben difficile potere escludere che tale determinazione non risponda ad una visione criminosa di natura unitaria.
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Va, infatti, sottolineato che – a parere di chi scrive – l'orientamento negativo, adottato in epoca pregressa (e sin qui rivisitate con le pronunzie che precedono) prestava il fianco ad una fondamentale critica.
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I giudici, infatti, omettevano di considerare che proprio il tossicodipendente, che delinquisse, incarnava appieno l'esempio di chi abbia predeterminato e previsto i reati da commettere Se “ il medesimo disegno criminoso ricorre allorché i vari reati siano stati previamente previsti nei loro elementi peculiari ed organizzati attraverso un piano criminoso unitario” Sez. I, sent. n. 3476 del 16-10-1993 Poletti rv 195301 ), non era, quindi, affatto peregrino ritenere che lo stato di tossicodipendenza di un soggetto (che avesse commesso dei reati in conseguenza di tale condizione) potesse assumere, al contempo, veste di movente e di previdente e consapevole organizzazione dei vari fatti-reato.
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