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La versatilità criminosa della condizione di tossicodipendente poteva, infatti, incidere in due momenti tra loro diversi, atteso che il movente si manifesta come espressione ideativa che per nulla coincide temporalmente con l'ideazione di più violazioni della legge penale.

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La sentenza della Sezione I 28 marzo-10 aprile 2006, n. 12638, che si allega, certifica ed applica, quindi, uno dei pochi principi della L. 49/2006 che non appare suscettibile di critica e che è destinato a dare ordine ed adeguatezza a situazione procedimentale, spesso confuse e tali da comportare gravi e sproporzionate conseguenze a persone che sono state contingentemente autori di reati e, in molto casi, hanno chiuso con un certo passato delinquenziale.

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Quanto non sopra non significa – come correttamente afferma la sentenza de qua – che l'inciso “ F r a gli elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza” induca a ritenere che tale specifica condizione sia assolutamente decisiva nel giudizio sulla continuazione ed assume il ruolo di criterio unico in proposito.

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Rimangono, infatti, vigenti quei principi da tempo sanciti dalla giurisprudenza in base ai quali L'indagine che si impone alla riflessione del giudice chiamato a delibare un'istanza di applicazione della disciplina della continuazione deve concentrarsi su tre essenziali problemi: dapprima verificare la credibilità intrinseca, sotto i profili della logica e della congruità, dell'asserita esistenza di un unico, originario programma delittuoso; indi, analizzare i singoli comportamenti incriminati per individuare le particolari, specifiche finalità che appaiono perseguite dall'agente; infine verificare se detti comportamenti criminosi, per le loro particolari modalità, per le circostanze in cui si sono manifestati, per lo spirito che li ha informati, per le finalità che li hanno contraddistinti, possano considerarsi, valutata anche la natura dei beni aggrediti, come l'esecuzione, diluita nel tempo, del prospettato, originario unico disegno criminoso. ( Cfr. ex plurimis Sez. I, sent. n. 1721 del 25 Giugno 1992 Curcio (rv 190807) .

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Non a caso la Corte ha disposto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza del GUP di Asti con rinvio allo stesso giudice, sancendo il principio in ase al quale il giudice del rinvio dovrà riesaminare la istanza del condannato alla luce dello ius superveniens , con libertà di giudizio in ordina alla incidenza dello stato di tossicodipendenza sull'accertamento della unitarietà del disegno criminoso nell'ambito del complesso di tutti gli altri elementi che ha già esaminato e che la giurisprudenza ha individuato come sintomatici della sussistenza della continuazione.

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La norma in esame, invece, introduce, in modo equilibrato, un ulteriore elemento valutativo, atto a superare e dirimere i contrasti ed i bizantinismi più volte ricordati ed esaminati, arricchendo di un nuovo importante criterio il potere discrezionale del giudicante.

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Comunque la si veda è, peraltro, indubbio che la novella legislativa concreti un riconoscimento giuridico, che dimostra come fossero tutt'altro che infondate quelle critiche, in precedenza, mosse alla posizione di assoluta indisponibilità da parte dei Supremi Giudici a aderire ad un'interpretazione di maggiore elasticità dei principi regolatori l'istituto della continuazione, che tenesse, pertanto, conto, al fine procedimentale in disamina, di una condizione così grave, irripetibile e devastante come quella vissuta dal tossicodipendente.

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Si tratta, quindi, di un intelligente adeguamento del diritto ad una realtà fattuale, che, per la sua unicità, non poteva continuare a non produrre effetti, in sede (sia cognitiva, che esecutiva) di rideterminazione della pena e che va colto nella sua essenzialità.

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Non mancano, però, occasioni per rimarcare come il legislatore – nella sua poco meditata scelta di promulgare frettolosamente la L. 49/2006 – sia incorso in omissioni, talune delle quali possono essere in qualche modo colmate attraverso un'interpretazione dei principi generali del diritto penale, mentre per altre si aprono scenari di rilevante discussione.

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Per quanto attiene alle prime è il caso della mancata previsione di una norma transitoria, che regolasse, in maniera inequivoca, l'ambito di applicazione del novellato art. 671 c.p.p., non limitandolo, quindi, solo al futuro, ma favorendone la compatibilità anche ma anche a procedimenti in corso, sia pendenti innanzi a giudici dell'esecuzione, sia di fronte alla Suprema Corte.

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